L'estetica come elemento principe dell'impresa, Giuseppe Grossi e la sua passione per il giardinaggio
Durante la sua carriera Giuseppe Grossi ha sempre mantenuto un certo rigore nel giudizio estetico che legava a se la sua azienda, tanto da ricercarne l'accuratezza ovunque si trovasse a operare, in tutte le sue sedi e, al massimo consentito, negli impianti dove l'impresa ha operato nel corso della sua longeva vita.
L'imprenditore aveva così sviluppato un'autentica passione per il giardinaggio, in particolare quello delle rose, tanto da metterne in pratica diversi esempi negli impianti che ha diretto nel corso della sua esperienza lavorativa.
D'altronde i benefici apportati dal giardinaggio sono diversi, relax e divertimento su tutti, tanto da essere praticato in Italia da un individuo su tre.
Paesaggistica e attenzioni nei confronti del verde apportano un contributo significativo al welfare aziendale e alla qualità della vita dei lavoratori, dal momento che è studiato come frequentare spazi verdi e goderne la rispettiva flora trasmette alle persone un senso di connessione con la natura, agevola corpo e mente e distende i legami sociali rendendoli più fruibili e pacificati. Inoltre la creazione di un polo di coesione e collettività per i dipendenti rappresenta anche un vantaggio a favore del team building e dell'armonia tra colleghi[1].
GfK ha prodotto un indagine su un campione di 17 Paesi, includendo nell'analisi oltre 23mila persone, dove si evince che è l'Australia lo Stato dove ci si dedica maggiormente a questo hobby, seguito da Cina, Messico, Stati Uniti e Germania.
In Italia la media è in linea con quella degli altri Paesi analizzati, con il 7% dei partecipanti al sondaggio che dichiara di occuparsi del giardinaggio ogni giorni, il 25% di farlo almeno una volta a settimana, il 19% una al mese e il 21% meno di frequente. Il 28%, poi, ha affermato di non essercisi mai dedicato.
Un dato importante riguarda la differenza di genere, completamente annullata per quanto concerne questo passatempo. Uomini e donne, infatti, impiegano una quantità di tempo abbastanza simile per quanto concerne il giardinaggio.
Andandoci a focalizzare invece sulle differenze di età, invece, emergono le stime più interessanti: sono gli over 60 a impiegare più tempo in questa attività (un 45% dei partecipanti al sondaggio), di cui soltanto il 20% ne è estraneo.
Mentre a livello internazionale, poi, sono i trentenni a occupare la seconda posizione in questa graduatoria, in Italia il 37% della fascia d'età tra i quaranta e i quarantanove anni dichiara di praticare quotidianamente attività di gardening, posizionando questa classe al secondo posto dopo gli ultra sessantenni. Com'è facilmente intuibile, poi, sono i teenager a occupare il gradino più basso di questa graduatoria, facendo registrare un 59% di latitanza dal settore.
In maniera intuibile, inoltre, le percentuali variano anche in base allo stato di residenza: i proprietari dell'immobile si occupano di giardinaggio più frequentemente (34% dei casi) dei semplici affittuari (25%) o di chi vive in un condominio (18%)[2].
"Il giardinaggio è un percorso accidentato, pieno di fatiche e delusioni, ma anche di risultati positivi. Per quest’arte occorre pazienza, forza d’animo e osservazione. Servono tempi lunghi, s’impara sbagliando, non bisogna scoraggiarsi davanti ai primi insuccessi. Costruire un giardino è come creare un’opera d’arte: sono fondamentali ispirazione, impeto e passione". Sono state queste le parole impiegate da Serena Dandini nella presentazione del suo libro Dai diamanti non nasce niente, opera volta ad omaggiare la sua passione per il giardinaggio e la botanica.
Questo hobby ha tra i suoi punti a favore il presentarsi come una passione antica, non elitaria, trasversale tra le età, migliorativa, rilassante e, soprattutto, completamente aderente al rinnovato bisogno di verde che si afferma in tutto il mondo.
Tanto da essere abbracciata da sempre più persone, politici come Konrad Adenauer e Clement Attle, sovrani come Elisabetta II e Grace Kelly, star del cinema come Clark Gable, Audrey Hepburn, Ingrid Bergman, Peter Sellers, e musicisti come Ringo Starr, che da anni conferma la sua partecipazione al Chelsea Flower Show. Anche numerose star di oggi ne abbracciano la filosofia, dedicando tempo e denaro alla botanica o alla coltivazione di orti. Ne forniscono un esempio Jake Gyllenhall, Julia Roberts, Mark Ruffalo, Gwyneth Paltrow, Reese Whiterspoon e Nicole Kidman, tra gli altri, capaci anche di fare impresa nel settore e produrre frutta e verdura. Oppure Sting e Oprah Winfrey, che hanno fondato aziende di giardini e ortaggi biologici, olii e vini ripercorrendo tecniche rispettose del terreno e dei consumatori.
L'amore per il verde figura quindi come un vero e proprio toccasana, tanto che l'ex First Lady Michelle Obama con una mossa politica è arrivata a costruirci sopra un'intelligente campagna di sensibilizzazione nei confronti dell'alimentazione sana e della riforestazione del pianeta[3].
La prospettiva di rendere più verdi le città, e nello specifico i luoghi di lavoro, ha preso piede in maniera esponenziale durante gli anni, e ha visto molte grandi aziende tracciare la via per prime così da farsi seguire dalle altre realtà più piccole.
Negli Stati Uniti, ad esempio, esistono i corporate gardens che vengono adibiti negli spazi esterni delle organizzazioni al fine di coltivare frutta e verdura che poi i dipendenti possono portare a casa e consumare. Tra le imprese che per prime hanno incentivato questa buona pratica vi sono Google, Yahoo, la Timberland, la Toyota di Georgetown, e addirittura la PepsiCo che ha un suo giardino aziendale rigorosamente biologico.
Per lo stesso principio la Microsoft ha creato Urban Farming, un sistema di autoproduzione di alimenti nel campus di Redmond dove sono state allibite micro-serre avveniristiche per coltivare direttamente frutta e verdura.
E' la stessa connotazione urbana a rimodellarsi, com’è avvenuto ad esempio a Detroit che, dovendo fare i conti con la crisi dell'auto e la chiusura di gran parte del settore trainante della città, sono ha visto rimpiazzare gli impianti con circa 1400 orti a disposizione dei cittadini, un intero quartiere agricolo e 45 fattorie scolastiche, per una produzione di 200 tonnellate di frutta e verdura fresca annua, divenendo in questo modo un modello di sviluppo urbano per tutto il mondo.
In Italia la storia degli orti aziendali è più recente, ma può contare oggi su esempi reiterati che possono finalmente tracciare una via da percorrere per le altre imprese.
La Diesel di Renzo Rosso permette ai bambini dell'asilo aziendale, ad esempio, di congiungersi ai genitori per occuparsi della coltivazione dell'orto, così come l'Unicredit da poco tempo ha collocato due giardini botanici sulle terrazze delle due torri della sede di Milano, in modo da concedere ai dipendenti di recarcisi in qualsiasi momento della giornata. Un altro buon esempio lo fornisce Bottega Veneta con il suo giardino Eco-Food, allestito per offrire ai dipendenti sia prodotti freschi a km0 che un'area di relax a contatto con la natura.
Innegabili i benefici apportati ai dipendenti, che in questo modo durante le ore lavorative possono beneficiare del giardinaggio, diminuendo stress e tensioni e liberando la mente ad un rinnovato margine di creatività.
Questi plus hanno fatto sì che proprio a Milano nascesse una onlus, Orti d'Azienda, impegnata nella progettazione e realizzazione di orti aziendali, tanto da recitare nel suo statuto come "si individua l’area per le coltivazioni, che può essere più o meno estesa, e dopo si realizza la struttura dell’orto i cui prodotti possono essere destinati ai dipendenti, ai membri delle associazioni convenzionate o alle associazioni caritatevoli. Il tutto viene poi seguito da un gruppo di gestione interno all’azienda e con il passare dei giorni l’orto diventa un luogo di aggregazione per i dipendenti, di accoglienza per i visitatori, di integrazione per lavoratori stranieri o per i nuovi assunti"[4].
Quella che Giuseppe Grossi aveva intravisto come un'attività indispensabile, quindi, si è confermata nell'arco del tempo come una chiave di successo per le imprese più attente alle risorse e all'ambiente, tanto che oggi un'azienda che guarda con attenzione la green economy è oggettivamente considerata un'impresa attenta alla brand reputation e alla sua corporate responsability.