I vantaggi di una holding familiare, la visione di Giuseppe Grossi
A giudicare dallo storico delle aziende, i risultati migliori per le aziende familiari (molte delle quali PMI) si ottengono quando si ha a che fare con una holding controllante.
Anche su questo, quindi, possiamo affermare che Giuseppe Grossi con la sua Green Holding ha dato prova di estrema intelligenza imprenditoriale e lungimiranza nell'organizzazione del proprio business. Il posizionamento di una holding nel controllo dell'impresa familiare, infatti, risulta essere più conveniente, sia sul lato della redditività che su quello della gestione finanziaria, nonostante il fatturato aumenti più cautamente rispetto alle altre imprese.
Sono ormai tanti gli studi che certificano questo trend, tra i quali, ad esempio, Le holding dei gruppi italiani a controllo familiare redatto dagli economisti Guido Corbetta, Alessandro Zattoni e Fabio Quarato, realizzato con la collaborazione dell'Università Bocconi con Ernst & Young. Questa ricerca si focalizza sulle aziende familiari italiane, di cui una grande fetta è rappresentata dalle PMI, vero e proprio cardine dell'universo imprenditoriale del nostro Paese.
Parliamo quindi di realtà integralmente (o comunque in larga parte) di proprietà dell'imprenditore e della sua famiglia, all'interno delle quali temi come il passaggio generazionale e la gestione finanziaria rappresentano veri e proprio fattori critici.
Questo report, datato 2012 ma ancora estremamente attuale, si concentra sulle aziende familiari italiane che superano i 50 milioni di euro di fatturato e lavora sui dati dell'Osservatorio AUB, grazie ai quali possiamo vedere che il 38% delle imprese familiari è attualmente controllato da una holding.
A trarne vantaggio è la redditività, con un Roe (Return On Equity - ritorno sull'investimento azionario) che per queste aziende arriva a una media del 5,4%, quasi un punto percentuale in più rispetto agli altri modelli imprenditoriali. Come si può vedere dallo studio, poi, risultano più alti anche i valori di capacità di rimborso del debito, con un rapporto Pfn/Ebitda (variabile derivata dalla relazione tra la posizione finanziaria netta e il margine operativo lordo) per le aziende familiari controllate da una holding pari al 6,6, ben più alto rispetto al 5,6 delle altre imprese.
Un dato che controbilancia questo trend è, invece, quello relativo ai ricavi. Fatto 100 il fatturato del 2006, dopo tre anni le aziende controllate erano arrivate al 103 mentre le altre potevano raggiungere anche il 106. Da una parte, quindi, è evidente come il fatturato cresca più lentamente in questa tipologia d’imprese. Dall'altra, però, è altrettanto evidente come sul lungo periodo la crescita sia più costante e conti meno frenate di bilancio.
E' chiaro come Giuseppe Grossi sia riuscito a prevedere i vantaggi di questo genere di struttura, e ne abbia beneficiato impostando la propria azienda con una struttura familiare e controllata così da gettare solide fondamenta per un'impresa orientata al futuro.
Naturalmente non ci troviamo difronte allo stesso modello di holding per tutte le organizzazioni, abbiamo a che fare con realtà più o meno strutturate che vanno dal semplice "contenitore" di partecipazioni fino a società aventi diritto a compiti finanziari di più ampio respiro. Alla stessa misura anche l'organigramma e il flusso di controllo può avere diverse lunghezze, anche se nel 74,3% dei casi analizzati si tratta di un solo livello presieduto interamente dal capogruppo industriale, formula che assicura quasi sempre la migliore performance aziendale. Nel 22,5% dei casi ci troviamo difronte a imprese con catena di controllo a due livelli, mentre soltanto il 3,2% delle aziende studiate presenta strutture di tre o più livelli.
La migliore delle soluzioni, comunque, sembra essere il caso della catena di controllo corta con una holding patrimoniale, opzione abbracciata dall'82,8% dei casi, in cui spesso la società si limita a vendere o comprare le partecipazioni senza vantare alcun dipendente. In questa maniera si eviterà di aggravare il costo e di aggiungere inutili doppioni alle funzioni già presenti all'interno della società controllata.
Sono soltanto il 17,2% delle aziende familiari studiate ad avere una holding finanziaria, soluzione che presenta sicuramente una holding più articolata in cui non sono rari compiti di investimento, indirizzo finanziario e finanziamento. Sono le occasioni in cui spesso al di sotto della finanziaria è presente la stessa holding patrimoniale, e quindi in cui la catena di controllo finisce con l'allungarsi a dismisura.
"La funzione principale delle holding rimane quella di controllo", afferma l'economista Alessandro Zattoni, per poi aggiungere come "non servono a favorire l’ingresso in nuovi business, dato che nel 57% dei casi i gruppi sono addirittura monobusiness. Sono proprio le holding a vedere più spesso un familiare nel ruolo di vertice, in circa i tre quarti dei casi. Questo leader è spesso anche il leader della società caposettore. Il controllo si esplica, soprattutto, attraverso la presenza nel consiglio di amministrazione. Basti pensare che nel 60% dei casi almeno un terzo del CdA della caposettore è rappresentato da consiglieri della holding e nel 39% dei casi lo è più di metà del CdA".
Per continuare l'analisi possiamo poi notare come la forma più utilizzate per le holding sia quella della società per azioni (S.p.a.) nel 41,9% dei casi, seguita dalla società a responsabilità limitata (S.r.l.) nel 34,2%, da società di diritto estero nel 13,2% e, infine, dalle società di persone e da quelle in accomandita per azioni, rispettivamente al 5,9% e 4,7%.
"Non necessariamente la struttura complessa è sinonimo di prestazioni migliori" spiega Paolo Zocchi, partner Ernst & Young e Family Business Center of Excellence Leader per Italia, Spagna e Portogallo, riferendosi "in particolare ai gruppi di medie dimensioni. La ricerca mostra i come in molti casi strutture di gruppi semplici possano generare performance (sia in termini di crescita dei ricavi che di redditività) più elevate forse perché più flessibili e reattive e quindi più veloci nell’adeguarsi alle mutevoli condizioni di mercato. Solo nella misurazione delle performance legate all’indebitamento i gruppi articolati e/o complessi sono in grado di raggiungere risultati superiori alla media sfruttando al meglio tutte le sinergie della propria organizzazione"[1].